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Donne e gatti una storia nella storia




Donne e gatti una storia nella storia
Impronte "STORIE"

Tra le donne e i gatti la reciproca simpatia è sempre stata notevole. Pittori, scrittori, poeti e fotografi hanno sempre amato accostare la donna al gatto per sottolineare quella femminilità misteriosa e sfuggente che rimanda inevitabilmente alla segreta e ingannevole personalità dell’enigmatico felino.

Ma ciò che più desta interesse in tale binomio è la concomitanza di eventi storici che lega il ruolo della donna a quella del gatto. Stupirà infatti scoprire che nello stesso periodo storico in cui la donna veniva maggiormente penalizzata dalla società, il gatto subiva le stesse persecuzioni ed emarginazioni. Due esseri viventi da sempre condannati a sottostare ai mutamenti storici imposti da istituzioni inventate dall’uomo. L’accanimento tragico vissuto dalla donna nel Medioevo ne è un palese esempio. La Chiesa considerava la donna uno strumento di cui si serviva il diavolo per far perdere il senno all’uomo e le donne di libero pensiero erano le vittime preferite di processi sommari in cui dopo indicibili torture erano costrette, per metter fine a tale tormento, ad ammettere di avere avuto rapporti carnali con il diavolo.

Bisogna però ricordare che prima del Medioevo il gatto non era stato mai perseguitato. Inizialmente ignorato perchè non se ne comprendeva l’utilità, si deve agli antichi egizi la sua introduzione nella società umana. E gli egizi non si limitarono a favorirne l’inserimento per allontanare i topi. Ben presto furono talmente ammaliati dal fascino di quell’esserino da divinizzarlo. Venne infatti creata una statua con il corpo da donna e la testa di un gatto: la dea Bast. La dea Bast simboleggiava la fecondità, la bellezza e la luce. Ma nello stesso tempo, proprio perchè sul corpo della donna venne posta la testa di un gatto, si voleva raffigurare  la luna. Il motivo di tale accostamento è da ricercarsi in una delle caratteristiche principali del piccolo felino, amante dell’oscurità e spesso sorpreso a girovagare di notte.


Gli egizi cercarono anche di imitarne la linea scura degli occhi usando il kajal. Anche la donna, nell’antico Egitto, occupava una posizione privilegiata rispetto al ruolo a lei assegnato in altre civiltà dello stesso periodo.

E non solo la moglie del faraone che, secondo le regole dinastiche, poteva assumere il potere reale. Molte erano infatti le divinità femminili adorate e alcune donne esercitarono il potere politico.  Altre ottennero l’ambita posizione di sacerdotesse. Le donne meno avvantaggiate, così come raffigurato nelle bellissime pitture tombali o nelle sculture, esercitavano gli stessi compiti lavorativi degli uomini e ciò consentiva loro una libertà di movimento negata in altre culture dell’epoca.

La donna egiziana, denominata la “signora della casa“, oltre ad organizzare la vita familiare e ad amministrarne i beni, godeva di un’impensabile a quei tempi eguaglianza con il proprio consorte: marito e moglie venivano indicati con i termini di “fratello” e “sorella”. Particolarmente significativo il fatto che quando l’Egitto venne invaso dai greci e successivamente dai romani, i conquistatori introdussero nelle loro terre delle modifiche legislative che favorivano la libertà femminile. A questo punto sorgono spontanee alcune domande: chi fece precipitare improvvisamente il ruolo della donna e dei gatti? E perchè le persecuzioni investirono in modo particolare il Vecchio Continente? Cosa accadde per tramutare l’immaginario umano e far sì che donne e gatti diventasserosimboli del male? Eppure, quando i gatti furono introdotti in Europa dai greci, che ne avevano sottratto sei coppie agli egizi, furono ben accolti e divennero presto popolari presso tutti i ceti sociali. La risposta a tali quesiti si collega alla diffusione del cristianesimo che trovò la sua massima espressione nel potere della Chiesa che prese il sopravvento in Europa durante il Medioevo.Tuttavia non vi è alcun accenno nella Bibbia che associ il gatto al demonio, e nemmeno nel Vangelo è presente qualche passo che possa indurre a collegare la donna ad uno strumento demoniaco di perdizione. Cerchiamo di comprendere cosa accadde.


La Chiesa mostrò un forte disappunto a causa del ritorno all’adorazione di una divinità scandinava, la dea Freya.

Non è difficile immaginare quali potessero essere le conseguenze di tale improvvisa venerazione nei confronti di una divinità femminile in una chiesa sessuofobica e misogina che temeva di perdere il potere di controllo delle masse. Come se non bastasse, per far infuriare ancora di più tale istituzione, nei riti di adorazione della suddetta dea spiccava il gatto. Era stato oltrepassato ogni limite! E così la Chiesa si sentì autorizzata ad intraprendere una persecuzione particolarmente cruenta nei confronti del piccolo felino e delle donne che se ne prendevano cura. E bastò poco per far leva sugli istinti più bassi del popolo; il gatto, legato a tutti gli aspetti diabolici della femminilità, sfuggente e misterioso, amante delle passeggiate notturne e i cui versi amorosi richiamavano una sessualità alquanto spinta e spudorata, da essere divino divenne il simbolo del diavolo. E non poteva essere altro che una strega che di notte assumeva tale sembianza per attuare la sua vendetta.

Le donne anziane e sole, che sentivano il bisogno di riversare il loro amore ai gatti, spesso minacciavano coloro che volevano far del male ai loro piccoli amici e bastava che uno dei molestatori si ammalasse o cadesse in disgrazia per essere accusate di stregoneria, pratica rigorosamente vietata dalla Chiesa. Le donne sorprese a nutrire o ad allevare i gatti, le donne con i capelli rossi, ma anche le donne che osavano esprimere un pensiero che potesse minimamente sottindere una capacità critica diversa dai dettami della religione venivano arrestate e arse vive. Spesso insieme ai gatti di cui avevano cura. Le atroci persecuzioni condotte dalla Chiesa trovarono il pieno sostegno del popolo e anche della classe nobiliare. La caccia alle streghe è uno dei simboli più nefasti del Medioevo. Nell’Inghilterra di Maria Tudor veniva messo al rogo il gatto, considerato simbolo della religione protestante e sotto il regno di Elisabetta I il piccolo felino fu destinato alla stessa sorte perchè impersonava la religione cattolica. Non è un’impresa difficile manipolare le masse e di questo ne siamo tutti consapevoli. Periodo veramente buio della storia dell’uomo, o forse per un motivo o per un altro, qualsiasi periodo storico lo è sempre stato? Ancora sono rimaste tristemente famose le feste di San Giovanni del 24 giugno: le piazze si riempivano di graticole bollenti e di folle isteriche. Uno scenario veramente raccapricciante: i gatti catturati venivano gettati su tali graticole tra le grida deliranti della gente che riteneva di essersi liberata da quell’orribile animale visto come una delle tante emanazioni del demonio. Il gatto rischiò l’estinzione e nel 1400 la prolificazione di ratti dovuta a quella grande e triste strage provocò la morte dei 2/3 della popolazione europea. Tra il 1500 e il 1700 furono circa un milione le donne accusate di stregoneria e condannate a morte dopo essere state costrette, sotto tortura, a confessare di essersi congiunte carnalmente con un grande gatto nero: l’incarnazione di Belzebù. Lo stesso numero di gatti seguì il misero destino di quelle povere donne. Misoginia e superstizione seguitarono ancora per un po’ di tempo quell’infausto cammino e trovarono terreno fertile nel popolino fanatico, sollecitati non solo dagli uomini della Chiesa, ma anche dai regnanti. Tuttavia qualcosa cominciò a cambiare. Il re di Francia Luigi XIV vietò quelle crudeli manifestazioni di piazza di cui era vittima il gatto. Con l‘Illuminismo e la Rivoluzione Francese quelle superstizioni cominciarono a scemare e il ruolo della donna iniziò ad assumere un ruolo differente, non più relegato ad una posizione secondaria. La caccia alle streghe era finalmente cessata e la donna non veniva più vista come un mezzo usato dal diavolo per indurre l’uomo in tentazione.


Nonostante la strada da percorrere per estirpare antiche credenze fosse ancora lunga, l’avversione nei confronti dei gatti, tranne rari casi, era ormai destinata a scomparire. Certe superstizioni erano ancora dure a morire negli strati sociali meno acculturati ed ignari dei risultati delle ricerche condotte da Louis Pasteur.

Grazie ai suoi studi, lo scienziato riuscì ad accrescere ulteriormente le simpatie della gente nei confronti del gatto; ne esaltò la pulizia e lo promosse ad esempio di igiene. Con il passare del tempo il gatto, non più visto solo come animale utile ad allontanare i topi, venne apprezzato per la bellezza, la grazia e l’immenso affetto in grado di donare.


Dipinto di Gwen John (1876-1939)

Dopo Pasteur le ricerche di storia naturale s’intensificarono e contribuirono ad accrescere la conoscenza dell’amabile felino. E la donna? Ancora angelo della casa o strega- prostituta? Poter affermare che certe etichette erano ormai scomparse sarebbe negare il faticoso cammino perseguito dalla donna per raggiungere una reale emancipazione. Qualcosa stava finalmente scuotendo una società dominata da uomini. Già durante l’epoca vittoriana apparvero le famose “suffragettes” che rivendicavano i diritti e la dignità della donna.




Kitty Marion (1871-1944), suffragette.

Nello stesso periodo il gatto venne ulteriormente onorato e la sua marcia trionfale in società era ormai inarrestabile. Resta fuor di dubbio che ancora oggi, in società poco evolute, la donna e il gatto vengano disprezzati. Ma è d’obbligo sottolineare che la crescita culturale delle donne, fatta eccezione nei paesi teocratici e fondamentalisti, ormai dipende solo da lei. Sul binomio gatto-donna c’è ancora molto da dire e se tale animale ancora non è benvoluto da alcuni uomini, ci sarebbe da chiedersi il motivo. L’anima del gatto è profondamente femminile. Forse quegli uomini e quelle donne che nutrono una patologica avversione verso questo splendido animale, dovrebbero indagare su se stessi per comprendere il motivo di un simile disprezzo verso quel meraviglioso animale e la seducente femminilità.


Tratto da la capanna del silenzio

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